venerdì 27 agosto 2010

L’inglese è ormai la lingua del cittadino europeo?

Premesso che, come ha dichiarato il membro della Commissione Europea, Leonard Orban «La capacità di comunicare in varie lingue costituisce un grande vantaggio per le persone, le organizzazioni e le imprese. Promuove la creatività, rompe gli stereotipi culturali, incoraggia le idee originali e può aiutare a sviluppare prodotti e servizi innovativi» la realtà linguistica in Europa sembra subire delle influenze sempre più marcate dalla lingua inglese.
Il plurilinguismo è inscindibile dall’affermazione di un’Europa politica e la ricchezza dell'Europa consiste nella sua diversità, sia geografica che culturale e linguistica. (Carta europea del plurilinguismo)
Durante un convegno, frequentato da un centinaio di personalità tra cui ambasciatori dell’UE, accademici francesi, italiani e spagnoli, dirigenti di società multinazionali e il direttore dell’osservatorio europeo del plurilinguismo, si è discusso infatti dell’egemonia della lingua inglese e i suoi effetti negativi in termini di discriminazione e restrizione della democrazia linguistica.
Le conclusioni del dibattito possono riassumersi nei tre punti chiave:
• La lingua inglese detiene ormai costantemente una posizione egemonica presso le istituzioni continentali.
• Il francese, lingua di tre paesi fondatori (Francia, Belgio e Lussemburgo), ha perduto il suo livello dominante presso l’UE.
• Il tedesco (la prima lingua parlata in Europa) e l’italiano non riescono assolutamente a contrastare il massiccio potere linguistico esercitato dall’inglese.
Presso gli stati membri, la lingua di Shakespeare è la seconda insegnata in tutte le scuole materne ed è riconosciuta come lingua istituzionale nella trasmissione del sapere a livello accademico.
Anche la Francia, sebbene abbia perseguito la più conservatrice delle politiche linguistiche promuovendo la Francofonia, non sfugge totalmente a questa massiccia influenza.
Francese e tedesco da anni non sono più considerate lingue internazionali, ma piuttosto “regionali” dell’Europa.

Suggerisco in tal senso la consultazione dei rapporti nazionali, e più particolarmente il rapporto di J. C. Beacco che evidenzia chiaramente le ambiguità delle politiche linguistiche adottate, le loro difficoltà, le lentezze dei comportamenti collettivi, la deriva verso il «tutto in inglese», incompatibile con il plurilinguismo, ma allo stesso tempo i motivi di speranza.

Alcuni, addirittura, parlano di un disastro linguistico e di appiattimento culturale, sostenendo con fervore l’uso della propria lingua nazionale all’interno delle istituzioni continentali, rivendicando il diritto di ognuno all’informazione alla diffusione nella propria lingua nazionale.

In passato le parole si trasmettevano da una lingua ad un’altra solo per colmare le lacune esistenti. Attualmente, l’inglese è l’unica lingua che si impone su tutte le altre spesso unicamente per sostituire delle parole già esistenti.

Da non dimenticare, che numerose multinazionali hanno deciso di adottare l’inglese come unica lingua di comunicazione interpersonale.

Con questo non si deve avere la pretesa di contrastare l’evoluzione. Quello che a volte dà fastidio è l'uso non consapevole della lingua, soprattutto quando si svolge una professione che richiederebbe invece una buona consapevolezza linguistica.

Fonti:

http://51959387.fr.strato-hosting.eu/plurilinguisme/images/Actualites/lettre%20n%B09it.pdf

http://www.centrolinguegc.net/blog/lingue/e%e2%80%99-necessario-parlare-la-lingua-inglese-per-essere-europei-parte-1/

http://ec.europa.eu/education/languages/pdf/doc3275_it.pdf

http://forum.diodati.org/messaggi.asp?f=6&t=74

2 commenti:

Unknown ha detto...

No. l'inglese è e sarà la lingua degli anglofoni!
Di quale convegno parli? ci puoi dare un collegamento? Grazie!

eberti ha detto...

Si le informazioni provengono da blog di Guidi Claudia. Ecco il link: http://www.centrolinguegc.net/blog/info/